Grotta a Male uscita sezionale – 02/04/17

La seguente relazione è stata scritta da una dei partecipanti all’uscita sezionale CAI, esterna al gruppo del GGFAQ, per considerare anche il punto di vista di chi viene accompagnato in grotta per la prima volta in assoluto.

Folle, ma veritiera relazione di una strana giornata in grotta.

In una soleggiata e felice giornata una mia collega speleologa mi ha spensieratamente invitata a trascorrere una mattinata in grotta. Reduce da lunghe ore studio e incoraggiata dal suo entusiasmo e dalle parole: “Tranquilla, il percorso è facile e adatto a bambini e anziani”, ho accettato senza indugi.

Ed ecco come una domenica di Aprile mi sono ritrovata davanti a Grotta a Male, ad Assergi, il cui nome è tutto un programma. Proprio io, Valeria, la cui avventura più spericolata nella vita è stata l’attraversare con il rosso o gettarmi sulle poltrone in esposizione dove c’era scritto “vietato sedersi”, ho attraversato tutta la grotta e ne sono uscita illesa, o quasi.

La mia “fidata” collega non mi aveva minimamente preparata ed io ingenuamente credevo si trattasse di una semplice passeggiata con qualche pipistrello, o quanto meno mi aspettavo di percorrerla in posizione eretta… niente di più sbagliato!

I ragazzi che hanno organizzato questa uscita ci hanno fornito i caschetti con la torcia incorporata e la cuffia per capelli; ci hanno poi sconsigliato di portare zaini (ma certo! Ci saranno sicuramente delle strettoie e lo zaino ingombra, ovvio no?), via il cellulare, inutile perché tanto non prende chiaramente, via acqua, merenda e quant’altro… solo guanti e scarpe da trekking. E così, dopo tutti i preparativi scendiamo delle scale in ferro e ci troviamo all’ingresso della grotta: una discesa piuttosto ripida ricoperta di fango… tanto fango!

Eravamo circa una ventina, per metà esperti, e per l’altra metà dei disgraziati sprovveduti. Diligentemente ci sediamo e scivolando nel fango ci inoltriamo verso un mondo ignoto, scuro, roccioso e che ha tutta l’aria di essere più impervio di quello che mi aspettavo. Inizia così la mia avventura, dove tra fango, imprecazioni, salti, imprecazioni, scivolate, imprecazioni, strettoie e altre innumerevoli mprecazioni, ho proseguito per circa 500 metri scendendo per 84 metri di profondità.

Eppure, nonostante tutti i miei borbottamenti e lagnanze lungo il percorso, giunti al lago la limpidezza dell’acqua (oltre alla secchezza della bocca), mi hanno lasciato senza fiato: uno spettacolo unico! Una delizia per la vista… e per l’udito! Eh sì, perché spegnendo tutte le luci è possibile vivere l’esperienza più grande: l’oscurità assoluta accompagnata dal dolce suono del gocciolio dell’acqua. Un contesto irriproducibile in qualsiasi altro luogo. In quel momento avevo dimenticato chegiravo con i pantaloni strappati al sedere, non pensavo più ai miei pangoccioli che, nonostante le mie proteste, mi avevano fatto lasciare in macchina, agli indumenti completamente lordati di fango, ai lividi e alla paura di cadere nel vuoto ad ogni scivolata che presupponeva piccoli salti. La mente era sgombra di ogni aspetto materico della vita e si nutriva del buio e di quel lieve suono.

La risalita è stata meno difficoltosa, anche se devo ammettere che senza i miei due angeli custodi, Sara e Ilaria, che mi hanno sopportata tutto il tempo prendendomi sotto la loro ala, non ce l’avrei mai fatta. Nei miei momenti deliranti mi hanno sorretta, sollevata, trascinata e si sono armate di pazienza prestandosi a scalini umani e usando il loro corpo come protezione nei punti in cui dei pozzi potevano rappresentare un pericolo.

Uscita dalla grotta una pizza gustata tutti insieme tra una chiacchiera e una risata direi che è stata più che meritata!

Alla fine della giornata mi sono posta due domande. La prima è: “Rifarei quest’esperienza?” E forse dopo 3/4 bicchieri di Montepulciano potrei acconsentire.

L’altra domanda è: “Ma che genere di bambini e anziani conosce Ilaria?!” e questa domanda aspetta ancora risposta.

Valeria Fioravanti

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